Umiliai i Potenti
A Il POTERE IN GINOCCHIO Come misi i potenti ai miei piedi. Un signore con una manciata di svitati è penetrato a bandiera spiegata in tutti i sistemi operativi del mondo. Ha trovato fatti sconvolgenti e li ha riportati sul suo sito, calcando bene sul privato, come può calcare bene il freno chi guida su un viadotto e scopre che dall’altra parte c’è un precipizio. Inoltre chiunque abbia informazioni forti può pubblicarle su Wikileaks , ci sono talmente tante password e tanti firewall che avrà una certezza: nessuno può scovarlo. I servizi segugio segreti, i cani dei Presidenti, avevano nel portafogli una foto di Assange lunga un metro e larga sessanta. Per fermarlo l’hanno accusato di essersi soffermato su un paio di giovincelle tentatrici, un cavillino di una legge in Svezia sui profilattici rotti. Si è costituito: “Presidenti, è così con le donne! Non puoi mai sapere in anticipo le loro reazioni. Ci sono quelle che ti fanno sorrisi larghi così, ma poi ti rompono l’ombrello sulla schiena e altre che le prendi per santerelle, ma all’aperitivo già si spogliono!”. Gli avran dato sberle d’onore, sberle aristocratiche perché è diventato all’improvviso afono. Ora è rannicchiato in fondo ad una prigione su un pezzo di panchetta. Potessero dargli il veleno per topi! Ma non possono: ha 500 file-segreti, 200 li ha pubblicati; gli altri 300, se lo uccidono, li spara nel mondo. E tutti tremano. Il potere è in ginocchio. Come un medium, prima o poi può parlare e i potenti, dalla Cina, all’America all’Italia, si aggrappano a lui come il Papa alle tradizioni secolari perché stia zitto. Ora per i Grandi non ci saranno più gli uccellini che volano nell’aria con una paglia nel becco, che sembra bevano un bicchiere d’ossigeno con la cannuccia, non godranno più della dolcezza dei loro bavosi, non avranno più la gioia di coltivare l’orticello con la “maria”. Se siete curiosi, trovate tutto su Wikipedia: dalle orge di Berlusconi, al fatto che è colluso con la mafia russa, ai 5 mesi di vita del presidente peruviano. Obama, povero!, da nero è viola strozzato. Anch’io sono stata nella identica situazione di Assange. Mi hanno sequestrato per un giorno, rinchiusa in una cantina, dopo avermi dato due mattoni in faccia senza che reagissi. Pensarono, alla fine, che più che la forza, avrebbe vinto la resistenza. Sapete come si sta in piedi per ore senza stancarsi? Sui piedi, con le mani intorno alle ginocchia e il cranio contro il muro, non ti rompi di più, puoi starci tanto, fermo o dondolante, a seconda se vuoi dormire o farti compagnia. Volevano piegarmi e io in quella posizione, ferma, in silenzio e al buio, le tre mammelle del sonno, dormivo. Quando sono venuti a prendermi mi hanno visto piegata come un pugno. Hanno fatto silenzio, il silenzio del sacro dolore, il silenzio di una piccola bianca santa in una cripta spagnola di una cattedrale imponente. Erano le suore che giocavano ai gangesters con una bambina. La Superiora, ciranesca, calzante un quarantaquattro, una che si dimenticava spesso di farsi la barba, con le poppe come due bricchi della Nestlé, vestita nera, come un re magio, è avanzata verso di me, una suppostina di vita, avanzava con violenza. Ma dico io, non è maledettamente in contraddizione lanciarsi nella guerra quando si è fabbricate per pregare? Ho lasciato che si fosse impadronita di me, affinché sapesse che fredda che ero e mi sono soffiata il naso nella sua sottana. Non ero più la piccola gatta selvatica pronta a negare e insultare. Mi ha portato nel suo ufficio la Superiora, pensavo mi consolasse, si costernasse, mi seducesse. Rimpiangevo di non essere rinchiusa in un box di vetro in modo che tutte le compagne vedessero il mio svago. E nonostante io fossi stata reduce da una tortura, le ho fatto un sorriso e mi sono seduta sulla sedia senza che me lo avesse chiesto: io, come tutti i bambini che vorrebbero essere amati, precedevo sempre i desideri del mio prossimo. Invece la Superiora, una gran signora suora, dopo che mi ha squadrata dal basso in alto, da sinistra a destra, in senso orario con l’occhio più pesante di un sacco di patate, mi ha scrollato un quarto d’ora le spalle, gridando chi fosse il ragazzo che girava per il collegio. Un collegio, fratelli, è un bunker di pietra, finestre con sbarre e porta carraia in ferro battuto, l’uscio della mia stanza era imbottita come la cella di un pazzo. Come aveva fatto ad entrare il boy, eh? Mistero. Sapevano solo che lo sapevo. Navigavano nel più nero e più cinese inchiostro di China. Volevano stanare la lepre che girava nei corridoi. Un rompizucca cinese, fa testo la sfinge! Roba da aspirine! Ho detto alla Super che, nonostante minorata, minorenne e minuta, volevo informare la stampa, volevo, sì, passeggiare per i corridoi con una dozzina di quei Curiosi con la macchina fotografica sulla trippa. Ho in comune con Assange, la sproporzione di forze, lui e i suoi hacker contro i Potenti del mondo, io, sola, contro un convento di suore svizzere, impazzite e con pietre al posto del cuore. E il prete, il “papà” delle suore del convento? Se invece del collo di bottiglia, avesse avuto un paio di spalle le avrebbe alzate. Gentile come un epatico che ha appena ricevuto il bollettino delle imposte nel giorno in cui lo hanno informato che il suo unico figlio è figlio del signor Giuseppe del piano superiore. Ragazzi, odio le persone insensibili. Quand’ero piccola ne incontravo tantissime, ce n’erano molte di più di ora, davvero! Residui della guerra, immagino, troppi occhi strappati con forchette per ostriche, troppe dita schiacciate, carni bruciate, lingue sciolte nell’acido! Poco dopo, la suora-clown, quella che fa simpatia, ha spinto verso di me un cofanetto di cioccolatini grande come una tivù a schermo gigante. Ho preso a caso un zampirone color pastello dorato. Un tipo di gianduiotto che avrebbe fatto vomitare un ratto. Mentre mi stavo mettendo in bocca il coso, lei mi ha fermato la mano: “Non mi hai ancora risposto alla mia domanda, Samuelina” “Oh mi scusi. Stavo appunto riflettendo, perché la sua è una domanda che merita… Sa che quando si siede sembra Bokassa sopra un sacco di noci? E’ l’artrite che fa il suo lavoro di scalzamento.” E poi ancora una zitellona nera, una suora-sbuldra per giorni e giorni mi ha pedinato, ma passava inosservata come una cacca di vacca su un tappeto di Aubusson. Mi stava tanto addosso che sembravo Heidi con la sua mucca pezzata al pascolo. Io, col mio unico file-segreto nel cuore, ho attraversato la tempesta e ho avuto un tale self control da ingelosire una statua della madonna quando i fedeli abusano di lei. In verità il bel ragazzo era un muratore di una casa vicina che si chiudeva dentro il convento, passava dalla mia finestra in piena notte, dicendomi sottovoce grazie, per andare a giocare con quelle grandi, allegro, scanzonato e con due occhi languidi come dodici canzoni napoletane.
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