Tutto Quello Che So
A INEDITO SUGLI UOMINI (non detto, ancora) Ieri ero in macchina con una belloccia, labbra da succhiacosi, gote siringate e nelle cliniche sposta il grasso della pancia al seno, cose così. Chi copia-incolla il corpo è pericolosa, maschiotti: la mostruosità vuole qualcosa in cambio, è un investimento, presumo: qualcuno la risarcirà. Tutte le sere si mette in baby doll, come un paralume su una bicicletta e racconta che ha un semaforo nell’area di rigore. Se oltre che Chirurgiche sono anche maniache delle pulizie, diventa matematica la loro infelicità: la vita è troppo breve per passarla da un medico o a sbiancare le fughe delle mattonelle del bagno, una fatica di ore distrutta in poche ore. La Gonfia ha chiamato il suo Ovoide dall’auto, già in ebollizione e in fretta ha piantato una rissa da trani, io ero in parte. Si è autoirosa subito, già al saluto gli avrebbe sfondato il muso a colpi di tacco. Ero chiusa nel baraccone in mezzo ad una litigata così grande che non ci sarebbe stata neanche dentro ad un tir, aveva inforcato un destriero infoiato e pieno d’avena: “Non fai nulla in casa! Quando ritorno dal lavoro non metti su neanche l’acqua! Vai solo da tua madre! E palpeggi le commesse! Col cavolo che ti stiro le lenzuola!” un’orgia. La vecchia ciabatta, l’incassatore, da discobolo che era, ora è a forma di uovo, calviziato, l’occhio a scarico d’acquaio, pingue e con la pelle di un obeso che ha fatto una cura dimagrante, un magnifico esemplare di italiano in decomposizione, e non parlava. Il giorno prima, ero ancora in un’auto con un’altra, un tipo casalinguo rassicurante, una dolce e grassa creatura, potevo tenere le scarpe sul portaoggetti lasciandoci dentro i piedi. Lei mi ha raccontato cosa urla al suo uomo, lo chiama Puliculi, Impotente, Ubriacone di amici, insomma nessun ammortizzatore. Mi dice che finisce sempre i suoi discorsi in vari modi che vanno dalla sberla comune, allo schiaffo arrotolato, suggella, comunque, sempre il discorso con un bel manrovescio liberatorio. Non dirmi, ragazzo, che credi che ci siano donne che non papagnano. Certo, all’inizio tutte fanno le educate e le rieducate, ma poi, più o meno poi, evacui fuori il ponte: i racconti nei dettagli prevedono sempre la collisione. Le isteriche, invece, strangolano un pochino, con gli occhi pieni di lacrime e il cedimento della spina dorsale. Alla fine della giornata, dopo tanta ingiustizia, mi ha abbracciato la mammuttona, affogavo in un materasso: “Spero che lui soffra come un cane e abbia un prematuro decesso”. Ha due gambe secche come il mio mignolo e poi si allarga, si allarga fino al testone che fa tutt’uno con le spalle. Le grido:“La mia tetuuuuna!”. Ed è un po’ più felice. Il fatto è che le donne hanno ragione, quasi sempre. Se ascolto queste coreografe letteralmente hanno ragione, le scene sono realistiche e raccapriccianti. Loro, alle quali “non la si fa”, raccontano di uomini che hanno pulsioni sessuali reali. Il sesso ce lo implorano da quando avevamo quindici anni. Siamo macchine che producono no. Una domenica di queste un’amica mi ha portato in un gruppo di dame molto, molto inserite nella società: capi-poliziotti, industriali, allevatrici di maiali… Era pomeriggio, ero nuova e sorridente. Mi sono presentata, ho parlato di me, ho detto da dove vengo, cosa faccio e cosa vorrei nella vita, allegramente, velocemente. Ho finito con la battuta che non ero rifatta, ho le guance ripiene dalla natura. Ho sentito un silenzio esagerato. Una tipa alla fine mi ha detto che a lei non fregava niente di cosa e come fossi e le altre le sono andate dietro. Mi sono ricordata che spesso con le donne rido da sola. Ora, se mi potessi rivolgere a una mia simile, ad una ragazzina la vorrei avvisare, perché gli uomini le faranno molto male, molto, molto male. Le donne sono violente, gli uomini feroci. Ce ne sono di due tipi, uno è vistosamente feroce. L’altro no. E non è un fatto di stupidità, come credono tutte, ma proprio di ferocia. Le donne credono gli uomini stupidi, imbranati o ingenui in realtà un uomo si misura dalla ferocia. Il lavoro è rappresentativo: Silvio e gli imprenditori di successo sono nella massima penetrazione (del sesso-successo-ferocia), poi vai a scalare. Quando sono con i miei colleghi sono felice come il tizio che ha tamponato la sua prima auto. Sono tipi che vivono al di fuori di tutto, perché tutto dipende da loro. Organici da matti. Vestiti tinta antracite, camicia bianca e una cravatta senza la minima nota vivace. Sono così classici, distinti che non ci si chiede se sono brava gente, sono fuori criterium: inespugnabili, venuti al mondo per farlo a loro immagine e somiglianza. Quando vado in ufficio sono ad una parata, una sfilata taratatesca, avanti marsc, passo cadenzato! Io con il mio vestitino di cotonina dalla fantasia minuta. Musi da mastini che fanno passare il singhiozzo, sono di quelli che non mollano mai, nasi affilati come pugnali per sentire odore di debole, capelli d’ebano che scendono bassissimi, sguardo fisso e quando respirano vedi morire le farfalle. Non so mai se sono ironici, perché non sfumano le parole, sono scolpite nel marmo, spostano l’aria con lo sprezzo. Detestano le tipe sveglie, poiché non conoscono donne che non si siano stese nel loro letto. Idee prelavate sulle femmine e mi squadrano sempre villanamente. “Tesoro, conosci il paese dove andiamo?”, mi prendono per una scoglionata, per una piccola contadina della bassa bresciana perchè non ho ancora il visone selvaggio sulle spalle. Si aspettano che io risponda Sai tutto tu, amore! con la voce profonda come Marlene Dietrich che parla dal seplocro, col mento puntato sul petto e i mignoli nel bordo della gonna. Vanno dalla ragazzina appena iniziata o a puttane di sottoprefettura, ma sempre donne identiche, come nate da un unico parto, pupe dalle stesse misure, stessi gonfiori, esemplari uguali, come atti notarili, la Marini è al confronto una portinaia sciatta. Tutte simili, sì, puoi contare a loro i capelli, ne hanno in ugual numero. E’ il gioco degli specchi: stai sul sicuro. Solo il nome è diverso. Gli uomini sono abbastanza sullo standard dei camionisti nei gusti. Le italiane hanno nomi umili, perché i loro genitori erano semplici e senza pretese: Mariarosa, Giovanna, Annamaria, ma loro si fanno chiamare Mery, Giogiò, Nanì. La tipa del nostro Presidente si fa chiamare Ruby, da Rubacuori. Dopo cena sono già pronte nella posizione come la sigla della Mercedes e non le devono mai silenziare. Questi signori vanno matti per le donne a pagamento con quel sorriso di sesso femminile in traliccio, il bestiame è talmente decorativo che ne consumano tantissime! A scroscio continuo. Sublimissime e sublimatissime: “Quella grossa vacca della…”. In genere li smonto, come Jehanne of Arc che guidava alla vittoria quel pirla di Carlo VII, così come fece lei, anch’io come una sorella maggiore conduco il fratellino dal mio parrucchiere di fiducia. Una volta durante il lavoro ha telefonato la moglie. Piangeva la casalinga, tenuta a casa a filare e figliare, in ostaggio: lei sapeva che alla sera lui non sarebbe venuto al focolare, sarebbe andato dalle Lassative e col ricatto dei figli doveva stare zitta e buona. I marmocchi sono il nostro millenario punto debole. Davanti a me, le ha abbaiato di non rompere i coglioni, ha riattaccato e mi ha detto: “E’ gelosa, la troia!”. Gli avrei dato una chabotata nelle palle, sarebbe crollato senza protestare, signora Maria. Plum! Plok! Scendi che ti desiderano. E quando sei giù c’è il mio servizio personale, il mio celebre shoot in faccia. Brava Samu’, grazie, e torni a trovarci quando passerà in questo quartiere. Ma agli altri, chi lo dice, agli squadroni di maschilisti che fanno sempre muro contro una donna? Io vendo più di tutti i maschi, ma ho meno potere, privilegi e rispetto. Ho pregato che interceda per me san Silvino, più sono sconosciuti e più danno, fratelli. Gennaro ha l’aureola piena del casino dei napoletani. Ho pensato anche a Sartre e al Nulla. Sono anni, uno più bello dell’altro, che racconto alle donne che devono essere fiere e indipendenti. L’altro tipo di ferocia è dell’uomo ancora in fuga, ma che resta fermo. Subisce, ma gliela farà pagare in un secondo momento, quando lei avrà bisogno, quando avrà fretta e lui per caso si sarà dimenticato di qualcosa che lei ci teneva da matti! E verrà troppo tardi per tutto: per caso si è addormentato, lì sul divano, quando avrebbe dovuto portare lei all’appuntamento più importante della sua vita. Quando la sua donna sarà nei guai, lui non ci sarà. Quando lei farà qualcosa di importante, lui si sarà dimenticato: che colpa ha se si è addormentato e dimenticato? E’ una vendetta indiretta, spostata nel tempo, che non si vede, a cui nessuno può dargli la colpa, è la vendetta dei vili ed è corrosiva, lavora i fianchi: una donna non riesce in nulla, tutto precipita, tutto va male, perché ha in parte un silenzioso boicottatore. Lui è sempre lì, non la lascerà mai. Starà, dolce, remissivo e debole, a guardare fermo colei che l’ha aggredito, umiliato e osteggiato, la guarderà sbattersi e lottare. Ma è lui che la farà saltare, come una patata in olio bollente. Io direi a un uomo, a una donna: guardami bene, fidati, sono quella che vedi, sono una a cui puoi credere. Bisogna avere una fiducia in se stessi indecente per venire con me, lo so. Ma se si parte per l’avventura è una barca sicura che infila la corrente del fiume, uno slalom gigante alla velocità della luce, un lungo inno, un te-deum, un urlo di liberazione. Sono abbastanza felice e per questo non troppo “ingiusta”. Viva me stessa, colpita sempre al cuore e che non muore mai. Viva me, metà santa e metà all’incontrario, per niente minimalista. Io perdono tutto, perché capisco, capisco perché ho provato tutto (in gorghi di emozioni). La sinossi (syn=con, opsis= occhio) della mia vita è la storia di una che sopravvive agli errori degli altri, con un’elevata biodisponibilità: riduzione della trans-epidermal-sensibility, ripristino graduale della barriera difensiva e riduzione lenta e continua delle microinfiammazioni.
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