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Adadriamo*
C’è un sacco di sole da vedere
e pensieri liberi da sbandierare.
Il cerchio si stringe,
o forse si allarga.
Io non dormo la notte
ascolto strisciare la follia.
Tra il popolo della nebbia ,
mio drago d’oro
senza un lamento
portavi la tua croce
sulla pelle del tuo
prezioso damasco.
Solo io posso evaporare
travasando
tutto il tuo isterico spleen
come un Primitivo inacidito.
*unica mia poesia con il titolo.
“Ce n’era uno solo fra noi, e non siamo riusciti a salvarlo.” Talmud Bavli.
“Più a fondo vi scava il dolore, più gioia potete contenere”. Gibran, ma naturalmente, non è vero.
LA VITA E’ ADDESSO!
Io non ho la consolazione che daranno a loro dopo la morte
I bambini sono piccoli filosofi greci, sono platonici, sono pre-cartesiani, sono niatzscheriani e post/anti/pre-cristiani: il corpo è il corpo, punto e chiuso. Il corpo è tutto quello che hanno. Il loro corpo è più corpo di un corpulento. La felicità è binaria: c’è o non c’è. Trucidano tutti i piedistalli delle statue, gli dei sono dei cialtroni e sono arrapati di sopravvivenza.
Quindi la fine è la fine davvero. Addio mamma, amici cattivi, addio languide carezze! Addio! Ve le ricordate queste emozioni estreme? Vi ricordate anche quando stavate bene, piccoli socratici? Ci si rimpinzava di sole, pancia all’aria, tempo grande, lunga la luce, il cielo era quello blu di Van Gogh e gli uccellini ci facevano da scorta.
Tutto questo antefatto per dirvi che solo i bambini vivono adesso perché sono solo corpo. Dopo si viene addomesticati, fianco sinistr sinistr e fianco destr destr, unò duè, unò duè, alla fine scopri che hai dieci chili di ghisa per zampa.
Potrei offrirvi i miei risparmi, i miei slip, insegnarvi un trucco delle carte, ma so che non vi scompongo, non vi commuovo. So che qualsiasi cosa scriva, che la Fauna è diventata amica della Flora, che si è iscritta a giardinaggio, che i furbi non si tagliano con le furbici, sì, qualsiasi cosa scriva non vi disfo, non vi disordino, non vi altero! Le avventure non vi interessano. So che non vi tocco l’anima, non vi potrò far piangere, neanche se vi raccontassi cose incredibili.
Eppure rimarranno solo le emozioni, solo quelle di pancia, solo quelle che ti hanno tolto il fiato.
Io ho delle antenne che capto i messaggi dalle altre galassie e sento che nulla di quello che potrei scrivere qui vi può scuotere, siamo troppo sicuri di vivere, siamo certi che domani faremo questo e quello, sicuri che ci sarà il paradiso, tutti saldamente fissati alle speranze, come l’Italia al suo glorioso passato!
E così, compari, come i pittori che espongono in una galleria, (non farlo, fratello, è pericoloso, poi passa un camion e ti investe!) vi esporrò l’ultima mia avventura.
Eccomici qua: oggi ho conosciuto un signore arabo: freddo e lucido, con la fronte fino a dietro la testa, sporco come un arabo, ma anche, di suo, nero, come le tasche di una tonaca, uno che laverà il suo scubidù, modesto, ma sincero, con un rametto, com’è nella loro tradizione. Chi di voi avrebbe avuto voglia di parlargli? Ecco il primo bivio che divide me da voi. Dato che avevo con lui un appuntamento, ho chiesto: “Posso entrare?” (in casa).
“Le mie Signore non sono in condizioni di riceverla”, ha algerizzato. Certo, certo, ha le mogli il marron-grigio-nerastro spento! Certo! E io ho tre suoceri! Davanti a me il suo naso ha gonfiato una grossa bolla papale che è poi scoppiata. Pausa, poi ho ripreso: “Allora dicevo…, quanti siete in famiglia?”. Si è perso in calcoli che presumo semplici, ma che ingombravano tutte le sue facoltà: “Ci è me, poi mia moglie prima, seconda…, il Grande Alì, il medio Alì, piccolo Alì.”,“ Ma non avete altri nomi da usare?” “Io nun so gnente, un giorno ne ho molti, altri pochi. Non so contare bene, Signorina” mi sembrava di recitare uno sketch, potevamo anche essere vestiti da clown e poi pattinare sottobraccio, cip e ciop. Sono entrata a vedere sbattendomene dello scuro pirlotto.
Fanciulli, mi si è parato uno spettacolo di rara bestialità. Sconveniente. Fuori posto. E grottesco. Vedrai!
Dentro ho trovato due signore impastate di alcool, perché avevano il viso come se fosse stato dentro a una pentola d’acqua bollente, due donne che facevano a botte, sì, la lotta, proprio la lotta greco-romana-araba. Certo, alcuni, come il Capodoglio, detto il Lardone, il Casanova delle cesse, il Mostruoso, il Gonfiore, proprio quel signore rubizzo, con la pancia da nove mesi, sempre costipato, hanno un debole per le donne assieme: si turba, il suo mammutico cuore, che sarà proporzionato alla sua mole, si metterebbe a traboccare: “Divertente vedere due dame menarsi!” a priori è una cosa lubrica, ma a posteriori lugubre, davvero! Non era un accoppiamento contro natura, ma un combattimento in natura. Due belve. Mi sono seduta ad ammirare il paesaggio, non sapevo neanche dove, se su una bitta, sulle convenienze, sulle ginocchia di Clooney o su d’un rastrello alla rovescia. Oh, mia dolce me stessa, rilassati, respira, fai la ginnica, non bisogna scontrarsi, contrarsi, contarsi con i contrasti. Mi sono detta: Mi gambo in spalla? O riunisco le seguenti cose: tutta la mia energia, tutte le mie forze e altre due o tre cosucce? Voi cosa avreste fatto, eh Aspettatori?
Sono una Robertina Crusoe, fiera e solitaria nella mia vita, non posso interessarmi a tutti, un sano egoismo aiuta. Ma poi come il matitone di Ulisse contro Polifemo, come la lancia di Montgomery nell’occhio di Enrico II, donchischiottescamente m’intrometto (anche questo divide me da voi), sperando che Kecifailì non sia costretto a sposarne un’altra. Sapete che sono sveglia, giusto?, e dopo aver studiato bene la situazione, come al gioco dello sciangai, tiro fuori dalla mischia un divano di donna e, come per magia, l’altra scivola al suolo come il fodero di un ombrello quando si sfila questo da quello. Fine.
Una è verderame, pelata, scabbiosa, con il cavolfiore rotto. L’altra disselciata, tisica e con un cesareo sulla guancia. Entrambe le arabesche hanno gli ardenti colori dell’asfissia.
Lì, gli Alì erano là, cherubini marroncino, gli occhi come i fari della Cinquecento, fieri come pulci, li passo in rivista, poi dico: “Litigavano per fare a gara a chi andasse a trovare la zia che ha mal di denti”.
Sacramentano in arabo con tante a e acca, mentre si bardavano, si cinghiavano, si abbottonavano, si tappavano, si civilizzavano.
Entra L’uomo e dopo i ringraziamenti, si presenta e sai chi è? Indovina una volta tanto! Fatti vedere! E’ il più grande specialista europeo della petrolchimica! Va a benzina quell’uomo.
Ricchissimo e numero uno di qualcosa di puzzolente, mi accorgo che è ciucco tradito, quando cammina sembra uno in pantofole su un campo arato. Il suo pavimento non è un mare calmo come il mio, s’è fatto un biberon di sgnapa coscritta a Maometto. L’ho accompagnato sul suo pulciaio e, credetemi fratelli, ero gnecca come un campeggiatore che scopre che comincia a piovere.
Sono stata in un perfido silenzio per un po’, la mia delusione arrivava fino a loro, mamme e bambini inclusi.
Le Legittime mi hanno offerto un caffè bollente soffiandoci sopra come cavalli all’abbeveratoio. Poi entrambe due mi si sono messe ai lati, grate.
Morale? Scusate, amici, ma non c’è.
Viviamo forte. Punto. Potete fare i miei corsi: “Gara di statura”, “Allontanamento della sofferenza”, “Tiro alla fine” e vedrete la vita riempirsi di vita. Se volete sapere le tariffe per delle lezioni per vivere, scrivetemi.
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