Voglio Fare Una Domanda…

...RINGRAZIO CHI MI RISPONDE

La rabbia si scioglie, come il sangue dei santi, e volge all’amore.

La felicità c’è ovunque. Ma, credetemi, soprattutto nella conquista. Amo le terre alte, come la montagna di Cézanne, Sainte Victoire, la dipinse migliaia di volte perché voleva quella luce e solo quella, la voleva conquistare, come si conquistano le Forche Caudine, la gola di Roncisvalle, le vette himalayane, terre alte, bisogna salire.

Con una moglie si cammina in pianura, non c’è felicità, ma al massimo serenità.

Chi vorrebbe una moglie in cambio dell’amore vissuto giorno per giorno, frasi affilate come pugnali di Toledo? Sì, parlo ancora di estasi, di questa felicità laica, altra imbardata. Sono offesa a morte che la gente parli d’altro. Io vivo solo questo in fondo. Nulla mi è ignoto di ciò che gira attorno all’estasi. So i nomi di tutte le sante, di tutte le ditte vaticane, gli sviluppi, le marche dei sai.

Ultimamente avrei cementato le mie orecchie con il miele, il chewing-gum, le tagliatelle stracotte, con polenta, polpa di aragosta pur di non sentire il signor Nostalgic-sentimental-patetic, dialobetoide, imbevuto di prosa rosa, lui il tenero, il moscio, si asciugava le palpebre cremose negli angoli vivi.

Cribbio, era uno solido, ora ventre a terra! Conquistava anche le donne, s’innamoravano di lui, era uno forte negli sprinte, ora occorrono corde da buoi per tirarlo.

Ama da sposare, lui. Ama da uccidere, il Radiato, ama da chiudere chi ama in quattro mura del possesso, il Vacillante.

Avrei potuto acclamarlo per anni, gridargli che è il più forte, il più grande, il supremo, il sublime, l’indimenticabile, il famoso! Vai! Vai! I tempi si sarebbero susseguiti, saremmo stati fieri di vivere quell’istante, proprio quello, di essere contemporanei di quell’impresa, ci si arrampicava in cima alla nuvola, Cavaliere del cielo!

No, cavoli, vuole una moglie, il Mimosa! Vuole disciplina sentimentale, organizzare i movimenti, verso una meta in due, ordinati, il Residuato!

Avremmo potuto barcollare notti intere dallo sbalordimento, avremmo potuto sorpassare tutti i nostri inseguitori, l’hobby migliore!

Vuole una moglie! Si è scoraggiato, perché la libertà fa paura, vuol mettere il piede a terra, ritirarsi e aprire una friggitoria.

Tutto il mondo avrebbe trasmesso la notizia che due potevano rimanere amici anche se di sesso diverso, Napolitano stesso avrebbe esultato, avrebbe ordinato che si scrollasse l’albero genealogico per vedere se cadevano avi nobili da entrambi e il Papa ci avrebbe dato una benedizione speciale con tagliando staccabile per l’ammissione in cielo, anche la Stampa avrebbe voluto incidere nel marmo dei giornali questa storia. Erano già dalle nostre mamme a scrivere della nostra infanzia. I grafici di Bergamo sulle rotative per il titolo e la foto dell’Uomo, il vero eroe, lo raffigurano come uno che conquista le vette, in movimento, la faccia convulsa dallo sforzo, la lingua come una fragola da concorso, linee parallele alle gambe per raffigurare la velocità: dài, amico, scalpita, corri in cima, i parracarri scappano via come conigli selvatici, non fermarti al confine, qualsiasi territorio è tuo, perderai una decina di chili nell’estasi, ma ne uscirai splendente come una pin-up.

Invece vuole fare l’onesto marito, fare il macinino di caffè, quel cric crac gli tiene compagnia.

C’era il mio divino entusiasmo, una cosa mai vista! Un caso unico! Radiati ormai tutti i santi, costretti al secondo rango, si sarebbe parlato di loro con imbarazzo, tutte le loro reliquie avreste potuto venderle al rigattiere all’angolo. Un uomo puro, libero sarebbe entrato nell’epopea della vita. Anche le suore si sarebbero ammassate su di lui e lui le avrebbe potute rovesciare come birilli, impigliarle nei loro rosari, nelle sottane, nelle cinture di castità, la Superiora vorrà diventare Inferiora e Dio sarà lodato!

Vai, vai! Corri Pedala! Ansima, fratello, corri! Quando non senti il lato selvatico del tempo, solchi il mare all’insaputa del cielo, non credo che con una moglie volerai come da libero: invece di una Ferrari, inforcherai un aratro.

Tu potevi farlo.

Il Bortolo, per esempio, né istrione, né martire, dentro il suo sguardo non c’è il paradosso, questo maxi minipinner che erutta liquidi, questo grosso orsetto lavatore, questo coso che addenta sei mele assieme o sedici bustine di zucchero che apre in un colpo come un velcro, è lontano dall’acchiappo del fascino. Un brav’uomo, per carità, chiacchierone e fanfarone, anche un bravo meccanico: si chinava sulla mia macchina e si metteva a disossarla, come un accordatore può smontare un pianoforte e quando l’auto era in briciole, la sistemava e la rivestiva a festa, ma davvero, camerati, non squarcerà mai il velo dello scandalo, la sua maschera bonaria non è seducente.

Ho dovuto dormire una volta in camera con lui. Il suo risveglio è stato un film splash, ero come una fanciulla che scopre il giornaletto porno nel comodino dei genitori.

Alla mattina gli ho gridato: “In piedi, Pelandrone!”, stentava a venire a galla. Ha incominciato con un rumore di pesci rovesciati su un banco di pietra. Un rumore moscio, flaccido e viscido, paludoso, asmatico, bolso, saturato. “Andiamo a laura’, Ciccio!”. Ha appoggiato il grosso piede sul gracile scendiletto che è scivolato via, ed è finito a culo a terra. L’ho guardato bene, fanciulli: i piedi che attizzavano aria, la pancia che gli pendeva sulle cosce, gli occhi si posavano sul mondo ritrovato, come un piatto di uova marce.

Quando tutti uscivano dalla stanza d’albergo, io riuscivo a dormire ancora una mezz’ora, saltando la colazione. Dormire senza i russatori mi ripagava di una notte insonne.

Ero, anche, la prima in sala, aspettavo pensando che mi sarei concessa una bella giornata di sole sulla riva del lago di Garda, una vita potabile, buona da degustare. L’Omo, invece, raccontava che si sarebbe concesso ragazzine poco complicate. Una bionda o una castana, chiara se è possibile, con gli occhi pieni di ammirazione e una bocca non per parlare, ma per ospitare.

Sospiravamo infelici per tre secondi poi la sala si riempiva di popolo. E il circo partiva, c’erano i corridori (venditori) gli accompagnatori, i massaggiatori, gli ammiratori, gli incoraggiatori. La kermesse partiva. I peggiori classificati nelle vendite li facevo partire per prima. A dir il vero ci sono degli eterni cavalli zoppi. Lavorano fino a non avere niente di umano, ma senza risultati. Sono là per far numero e per fare da cornice ai campioni. Certe volte in una giornata un po’ smorta per tutti, uno di loro tentava la fuga solitaria e strappava per un istante il suo nome dall’ombra. Ma era una gloria di un giorno. Poi tornavano ad ingrossare il branco anonimo. In segreto li chiamavo con nomi d’invenzione: “Corrierina, (come i pullman), il Giustoundito, l’Anonimoveneziano (aveva i nonni e la zia: “Ah, nonni, viene la zia, no?”), la Vaselina, Clinique, Margarina… Alla sera suonavano i cellulari di tutti come una selva di sveglie, cento passaggi a livello, ma i loro erano sempre muti.

Mi sono davvero arrabbiata con l’Abbruttito solo una volta, quando ha buttato fuori gioco il mio miglior puledro. Ha curato un foruncolo in fronte di un venditore bruciandolo col sigaro e mettendo poi cacca di piccione per cauterizzare, come faceva la sua anziana in campagna. Conclusione, al mio cavallo di razza è venuto in fronte un melone rosso fuoco. Era un tedesco a più non posso e i tedeschi sono indolori come i pesci. Si era messo a leggere la Gazzetta dello sport e intanto il sangue scorreva: ne ha perso un litro.

Quando aveva il budello scontroso sua mamma usava il sapone di Marsiglia. Ne tagliava un pezzo così, lo impastava fra le dita per darci la forma a fuso e, braan, lo infilava con un bel colpo di pollice per piazzarlo in orbita! E ricorda che anche al nonno hanno fatto la festa: era una settimana che immagazzinava senza l’altra uscita, in bagno c’era chiuso per ferie, alla fine l’hanno brancato in tre mamma, papa e il fagocerino, l’hanno rovesciato sul tavolo di cucina, con la barba sul piatto moschicida, l’hanno smutandato alla vecchia ussara selvaggia e la signora madre, pur scusandosi, gli ha infilato metà sapone. Il nonnino voleva bastonarli, per fortuna che era impastoiato dalle braghe a cavatappi. Non ha avuto il tempo di uscire dalla cucina, mi raccontava il Bombolo.

Volevo fargli perdere il posto al mio subalterno per la storia della sigarata, ma poi mi si è afflosciato piangente e gemente sulla spalla fraterna: “Ho l’efisema, ho fatto la guerra, conosco il cugino della donna di servizio del Prefetto.” Gli ho detto parole che sembrano banali ma che non mancano di sale: “Sù! Sù! Sono cose che succedono!”

Ci sono solo due tipi di miei lettori: quelli che mi ammirano, che trovano che ho brioblù, spirito ed eleganza, che dicono che i miei sono degli alessandrini (minoritari) e quelli che mi trattano da sborona e sbruffona, da bulldog, da bulla e pettinabambole. Come mi piacerebbe invece raggomitolarmi tra le vostre braccia profumate per non pensare più. Ma il cervello è ciò che c’è di più ingorgato, imbottigliato, imprigionato, è l’organo, sì, più intasato.

L’ultima volta che ho parlato di estasi ( STRANESTASI )avevo un grande amico, uno dolce, uno a cui non cresce neanche la barba. (Il mio babbo mi sbirciava dallo specchio, bianco come babbo natale, e con grandi colpi da falciatore di trifoglio si rasava. Mi parlava della vita: “Devi sempre Samuelina… non devi mai…” ad ogni proposizione tosava dieci centimetri di prato. “Hai capito? Va bene?”, mi diceva, io coi gomiti appoggiati al lavandino gli afferravo il braccio in un assalto proprio mentre stava per attaccare la guancia sinistra: “Sì ho capito!” Un rivolo rosso gli insozzava sempre la candida schiuma. Era troppo nauseante. E me ne andavo.) Ora non ho più questo amico perché vuole ufficializzare un sentimento che non sa neanche lui cosa sia.

Insomma quando siamo liberi abbiamo l’anima come quei schermi che hanno una pioggia di pixell, 10, 15 milioni, sensibili allo sfioro, gli altri, lo sai, sono tutti piatti e tristi come mutande vuote.

Ed ecco la mia domanda al mondo: VOI COSA PREFERIRESTE? Quest’estasi laica, questa felicità incontenibile e imprevedibile, una vita senza regole, etichette e senza morte, prima della morte, o una STUPIDA moglie?

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