Non Rido Più!
A
( Chi sei tu che impietoso carichi sempre la molla per farmi cadere dagli orli del tuo piano?)
“Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza“
Chi Samuela ferisce, di Samuela perisce, so che è inutile spolmonarsi a gridare che non è vendetta, ma anzi davvero, davvero misericordia!
(Perdono bene o male, presto o tardi, tanto o poco, tutto a tutti, sarò più misericordiosa di Lui?
Certe volte capisco che la gente mi ferisce perchè teme che io non possa conoscere mai nessun dolore.
In certe domeniche feriali, l’establhishement mi rende ‘causa’ di un sistema che bluffo spavalda sulla resistenza, reggo per scommessa!
Il fatto è che chi ha pietà per se stesso non si salva dagli altri.
E’ meglio che scherziamo noi sul nostro dolore piuttosto che lo facciano gli altri)
“Per aspera ad astra!”
Certo, certo, come no! ma..”… alla fine l’amore che prendi è uguale all’amore che dai” (Lennon/Mc Cartney)
Fratelli, il pensiero è indomito, è, anche, un raffinato capriccio e, volendo, addirittura un incondizionato schiavo: il pensiero lo creiamo noi! E’ l’unica cosa che possiamo creare senza condizioni e condizionamenti!
Eclettico e/o astratto, fatelo diventare sempre pratico e/o concreto!
E’ davvero l’unica cosa, il pensiero, che creiamo noi, che dipende solo da noi, col pensiero facciamo come vogliamo, come un avatar di una “second life”, perchè come dice il Budda, siamo responsabili di quello che siamo. Perchè siamo, alla fine, solo quello che pensiamo.
Può capitare all’improvviso un’intuizione, che è come un mortaretto che scaglia il suo minuto di vita nel fianco celeste di Dio.
Io, ragazzi, temo quelle mani bianche incollettate di candido che hanno solo frasi-sentenza in bocca.
L’azzardo più grosso invece è mettere assieme pensieri spietati. Costa nulla e necessita di un minimo di materiale.
( Il lemma INTELLIGENZA: acquisita e/o ereditaria, dieci miliardi di neuroni e centomila miliardi di sinapsi; apparato inconscio e conscio; corteccia celebrale, emisfero sinistro e destro;induzioni;intuizioni;deduzioni; memoria collettiva, astrattiva, nozionale; potenza di analisi e di sintesi; rappresentazione, immagini e simboli; giudizio, comprensione, ragionamento; apprendimento, adattamento, orientamento; pensiero convergente e divergente; patrimonio culturale, affettivo, emotivo; abilità pratiche e teoriche;
Q.I. 140 e oltre.
Ma qual è il quoziente intellettivo del diavolo? Non lo so. Ma senz’altro minore dei cherubini, meno ancora dei serafini e meno che meno degli arcangeli. Gli angeli non avranno l’handicap dei superdotati!)
Usatela tutta, fino all’ultimo respiro.
In un vitreo silenzio lunare, rimango sola con te.
Tu guardi come un uccello infreddolito.
Eri tu l’aquilotto curioso che alto scrutavi, perchè la menzogna e la morte tu non la capisci. Hai un cuore possente e maestoso come quello dei bambini solitari.
Ma a volare nel vento lucido ormai ti fai male.
Con voce azzurra ti ho detto delle mie banalità pagane e dei suicidi infantili sul marciapiede che ci divide.
La tua anima estenuata, sento, esplode in un’ immensa malinconia.
Una costola insanguinata strappo ora dal mio costato con la forza di darti, sottovoce, il mio piccolo, ridicolo addio.
Oh, sì, la solitudine è solo avere sempre davanti agli occhi qualcuno che se ne va.
Anche se lo hai mandato via.
Io sbaglio molto, io ho molti amici.
Spesso sono impotente nel viavai di un’esilarante solitudine.
Maschi sempre amati e amici, fedele ed innamorata di tutti. Quando qualcuno migra, io sto quaggiù tra pareti di silenzio, inturgidita la memoria, tra le provocazioni sguaiate dei ricordi e l’isterismo della mente, ore marce di acre lutto.
E davvero, fratelli, il mio non è l’amore spirituale, una multinazionale pigra e cigolante, nè un diritto codificato dai caritatevoli, nè la volontà lucida dei razionali filantropi, no.
Segretamente, ridicolmente pazza di gioia, dentro ad una museruola convulsa e piena, stranita fino allo spasimo, io amo chiunque divida il mio tempo con me, mentre luogocomuneggio, sentenzio e convengo con voce pacata e roca in questo mio mondo sempre pieno di maschi, meticolosi, precisi e professionisti.
Qualche volta ecco qualcuno con la voce che, rossa, sanguina come un bue. Ecco un gabbiano disperato, esce poi dall’insopportabile scene impicchiando sotto il pelo di qualche mio sorriso.
Infine rimani sempre tu. Arrivo a trovarti a scadenze lunghe fradicia di segreti inutili. Ho addosso sempre ancora il sapore di sere eterne in parte a debosciati vergini, e tu, mostro di pace, padre e figlio sanguinoso, con nient’altro che l’orgoglio di un pene ottuso, mi vuoi rovinare facendoti trovare a dormire tutte le notti su di una sedia.
Avete presente la terribile atmofera del film “ARANCIA MECCANICA”? Bene, mettete la nona del dolce “dolce, dolcissimo, Ludovico Van” a tavoletta e tenete pronta anche la”gazza ladra” di Rossini vi mando subito verso questa atmosfera, ragazzi! Voi mettete la musica che io faccio il resto.
Kubrickiano disperato no-stop
La tesi di base del film, tratto dal romanzo di Burgess:
gli esseri umani sono violenti e feroci. Diventano buoni solo per convenienza, diventano civili per impotenza, da bastardi a impediti. Nessuna conversione, nessuna convinzione, nessuna illuminazione!
Nostalgia del piacere, crisi di astinenza: dipendenza psico-fisica.
Ci si divertiva quando si rideva all’indietro fino a mostrare il polmone tra costola e costola.
Ogni soldo, ogni tempo, ogni energia: ogni giorno.
Un tempo ero sempre con gli amici, con i tendini strappati, con felice orrore, si bucava ogni curva tra un rombo di fauci scucite.
Sempre un tronco di quercia nell’utero.
E le proteine, dei topi grassi e neri, sputando la coda viva e pulendo poi la bocca con un rossetto violento.
Crasse risate goliardiche fino ad esplodere i seni ( ma per paura lontano si vomitava)
Manipolare, masticare, masturbare e la realtà era sempre solo la fine di ogni storia: e così ancora aperto il cesario buttò il feto nel pasto del cane, che per la colpa coccolasti nel ventre aperto.
Appoggiata ad un muro poi si masticava a piccoli morsi la propria lingua.
Ancora sotto i fumi, in una notte che non s’affretta per un cero di pentimento acceso sentimmo accartocciarsi le unghie e scricchiolare come gusci di lumaca gli occhi.
Per dei sconosciuti, però avremmo dato subito la vita.
Fratelli, la fortuna e la sfortuna sono fantasmi dell’ignoranza che si esorcizzano a vicenda.
Non credete a chi sembra fortunato.
Quando vendo, credetemi, scruto la metamorfosi della mia vittima che piano piano cede sotto la cappa delle mie convinzioni. Sento finalmente allora il peso preciso di ogni mio singolo verbo, finchè c’è un momento che è mio! E come un orgasmo di un bacio bocca a bocca vedo che si scandalizzano le sue idee.
In fondo voi potete INTUIRE quel che io SO e che non CAPISCO.
ULTIMA POESIA
Mi fai arrabbiare.
Srotolo emozioni con un’acciacata lingua, afasia.
Manipolo l’aria senza fiato e tu sempre guardi strano.
Parole perdutamente crudeli, smisuratamente dolci.
Contro te.
Tu, lì, sai già.
Forse compiaciuto.
Ed io mi accorgo che per dieci anni ho avuto mal di testa.
Che ridi sotto, sempre, tu.
Che rimango sola a provare.
Sfatico.
E tu scocchi sorrisi idioti.
Sputo lacrime bollenti.
Non ti dico che sono infelice, ma disperata, sì, e massacrata di gioia.
Lasci che mi scassi.
Inutilmente.
E mi si piazza un solido dolore: serrrato, massiccio.
Rintrono.
Finchè lancio barriti fosforescenti.
Ogni verbo mi scoppia in bocca.
T’accorgi, sì.
E l’orrore per il tuo sorriso mi sfonda il petto.
Taccio, infine.
E tu ridi, ancora ridi, di nascosto.
Io non sono creduta.
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