Libera, Libertaria, Liberista, Libertina
L
“Fanculo i fighi – Noi non siamo fighi!
E proprio per questo ce la tiriamo!
Datemi del Voi , imbecilli!”
leikevuole
Vi presento KECIFAILI’. Entra in scena. Può essere una macchina per il sesso o un’educanda inglese dell’800, certo, maschio o femmina che sia, è il puro istinto nella più feroce dignità.
E’ una creatura
“… con un cuore ruvido e disordinato
con gli occhi come rose roventi
e i capelli come quelli di mia madre…”*
Io sono solo il suo Teseo
*Pier Paolo Pasolini
“E la regina dette alla luce un
figlio che si chiamò Asterione”
Apollodoro, Biblioteca, III, 1
“So che mi accusano di superbia, e forse di misantropia o di pazzia.
Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. È vero che non esco di casa, ma è anche vero che le porte (il cui numero è infinito) restano aperte giorno e notte agli uomini e agli animali. Entri chi vuole.
Non troverà qui lussi donneschi, né la splendida pompa dei palazzi, ma la quiete e la solitudine.
E troverà una casa come non ce n’è altre sulla faccia della terra (Mente chi afferma che in Egitto ce n‘è una simile).
Perfino i miei calunniatori ammettono che nella casa non c’è un solo mobile. Un altra menzogna ridicola è che io, Asterione, sia un prigioniero. Dovrò ripetere che non c’è una porta chiusa, e aggiungere che non c’è una sola serratura?
D’altronde, una volta al calare del sole percorsi le strade; e se prima di notte tornai, fu per il timore che m’infondevano i volti della folla, volti scoloriti e spianati, come una mano aperta. Il sole era già tramontato, ma il pianto accorato d’un bambino e le rozze preghiere del gregge dissero che mi avevano riconosciuto. La gente pregava, fuggiva, si prosternava; alcuni si arrampicavano sulle stilobate del tempio delle Fiaccole, altri ammucchiavano pietre. Qualcuno, credo, cercò rifugio nel mare. Non per nulla mia madre fu una regina; non posso confondermi con volgo, anche se la mia modestia lo vuole.
La verità è che sono unico. Non m’interessa ciò che un uomo può trasmettere ad altri uomini; come il filosofo, penso che nulla può essere comunicato attraverso l’arte della scrittura. Le fastidiose e volgari minuzie non hanno ricetto nel mio spirito, che è atto solo al grande: non ho mai potuto ricordare la differenza che distingue una lettera dall’altra. Un’ impazienza generosa non ha consentito che imparassi a leggere. A volte me ne dolgo, perché le notti e i giorni sono lunghi.
Certo non mi mancano distrazioni. Come il montone che s’avventa, corro pei corridoi di pietra fino a cadere al suolo in preda alla vertigine.
Mi acquatto all’ombra di una cisterna e all’angolo d’un corridoio e giuoco a rimpiattino. Ci sono terrazze dalle quali mi lascio cadere, finché resto insanguinato. In qualunque momento posso giocare a fare l’addormentato, con gli occhi chiusi e il respiro pesante (a volte m’addormento davvero; a volte, quando riapro gli occhi, il colore del giorno è cambiato).
Ma, fra tanti giuochi, preferisco quello di un altro Asterione. Immagino che egli venga a farmi visita e che io gli mostri la casa. Con grandi inchini, gli dico: “Adesso torniamo all’angolo di prima “, o “Adesso sbocchiamo in un altro cortile “, o “Lo dicevo io che ti sarebbe piaciuto il canale dell’acqua”, oppure: “Ora ti faccio vedere una cisterna che s’è riempita di sabbia “, o anche “vedrai come si biforca la cantina “. A volte mi sbaglio, e ci mettiamo a ridere entrambi.
Ma non ho soltanto immaginato giuochi; ho anche meditato sulla casa. Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo.
Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo. Tuttavia, a forza di percorrere cortili con una cisterna e polverosi corridoi di pietra grigia, raggiunsi la strada e vidi il tempio delle Fiaccole e il mare. Non compresi, finché una visione notturna mi rivelò che anche i mari e i templi sono infiniti.
Tutto esiste molle volte, infinite volte; soltanto due cose al mondo sembrano esistere una sola volta: in alto, l’intricato sole; in basso, Asterione.
Forse fui io a creare le stelle e il sole e questa enorme casa, ma non me ne ricordo.
Ogni nove anni entrano nella casa nove uomini, perché io li liberi da ogni male. Odo i loro passi o la loro voce in fondo ai corridoi di pietra e corro lietamente incontro ad essi. La cerimonia dura pochi minuti. Cadono uno dopo l’altro, senza che io mi macchi le mani di sangue. Dove sono caduti restano, e i cadaveri aiutano a distinguere un corridoio dagli altri. Ignoro chi siano, ma so che uno di essi profetizzò, sul punto di morire, che un giorno sarebbe giunto il mio redentore.
Da allora la solitudine non mi duole, perché so che il mio redentore vive e un giorno sorgerà dalla polvere. Se il mio udito potesse percepire tutti i rumori dei mondo, io sentirei i suoi passi.
Mi portasse a un luogo con meno corridoi e meno porte! Come sarà il mio redentore? Sarà forse un toro con volto d’uomo? O sarà come me?
Il sole della mattina brilla sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.
“Lo crederesti, Arianna? “disse Teseo. “Il Minotauro non s’è quasi difeso.” Borges
“E la regina dette alla luce un
figlio che si chiamò Asterione”
Apollodoro, Biblioteca, III, 1
come Diogene, un mistico grego che visse nudo, se tu
potessi ad ogni passo sentirti nudo!, nudo con solo la tua cintura di
castità, danzeresti ad ogni passo e quando investi in borsa è
come se cantassi l’aida.
Alessandro invidiava Diogene, eppure stava andando a conquistare il
mondo, perchè era nudo.
io.
“Vicino al nome hai messo ‘L’ora d’aria’ siamo tutti in una ‘due per tre’! Lo so.
Ma tu sei libera? Siamo tutti spiati, spiati da una big mamas, telecamere pure nei cessi, siamo topi automatici e pieni di automatismi. Tu? Sei diversa, una su cinque miliardi di perdenti! Sei nella hit-parade, sei una star, hai avuto culo ad avere doti di comunicazione e di intelligenza, ma benvenuta anche tu all’inferno, tra i falliti!” Franco di Roma
Ommiodio, ha ragione quel signore, Lapalisssss: la distanza contribuisce all’allontanamento. Siamo distanti Franco, oooh, Franco!
Non soffrire per soffrire. Mettiti bello diritto, uomo, perdio!, e porta alto il tuo dolore! Bene, così! C’è, mostralo e abbine cura, c’è, c’è mentre guardi tua madre, baci la tua donna o porti il tuo cane a passeggio. Dignità, fratello! Senza fingere di essere felice, ma piangi senza uccidermi perché io non voglio piangere.
Non piangevo neanche da bambina. Anzi ero una neonata stronza. Tutti i bambini lo sono, tutti sono assassini e figli di puttana. Tutti i bambini quando si arrabbiano tentano di uccidere l’altro, non cercano solo di fargli male, ma di farlo fuori! Non hanno la forza per sbudellare i genitori, altrimenti lo farebbero per un lecca lecca. Infatti appena possono seviziano le lucertole e un mio amichetto si è seduto sopra un gatto.
Ogni vagito è un ghigno, credimi francofilo, diventare innocenti e puri è una conquista. Partiamo tutti all’inizio bastardi: al confronto i violentatori e i serial killer fanno tenerezza.
Nella vita si può solo diventare più buoni, non si può diventare peggiori di uno che disegna fiorellini e piscia a letto.
Detto questo, Francy, detto che partiamo stronzi, sappi che possiamo arrivare al capolinea santi. Per dire una parola etimologicamente e cattolicamente orrenda. Forse felici. Mia nonna, vienila a vedere, lo è.
Sì, siamo lontani da matti! Io non ci sto a dire: scusatemi, sono un fallito! No, non lo sono. Non ho perso l’uso della parola e non soffro di tremori convulsivi! Non ho paura di non farcela, Franchino, perché non devo andare da nessuna parte. E vorrei dire a te e a tutti di non aver paura di nulla, ma anzi di gridare sempre: questo posto è MIO!
Gridiamo senza gridare come se provassimo trecento orgasmi contemporaneamente.
Lo so che c’è qualcosa che non va nella vita, non è possibile vivere per pagare il mutuo, le tasse e poi una bella tomba. Forse ci consolano troppo presto il telefonino nuovo e la tivù al plasma o forse ce ne freghiamo troppo di tutti, forse sono queste cose che ci fottono! Forse non siamo mai liberi in assoluto, si è liberi a smozziconi, a botte, a spinte. Forse possiamo essere liberi solo ora, solo in questo momento, mi sembra di capire questo, ma non sono Dio che predica dall’alto dei cieli. Forse abbiamo troppa fottuta paura di perdere ciò che non abbiamo. E più non abbiamo e più abbiamo paura.
Certo, Franco di Roma, anch’io certe volte, mi sento come Charlot alla fine dei suoi film, quando si allontana sulla strada deserta con il passo d’anatra, altre volte una che si paracaduta da un aereo in marcia con il suolo che mi sale incontro. Sono sempre in un elemento cotonoso, quando, invece, la mia voluttà e volontà vorrebbe sempre andare verso ciò che è assolutamente superbo e definitivo.
Sì, capita certe volte di fare la discesa a picco e pare che ci si sfracelli, ma ho capito che prenderò la coincidenza, non so quale ma coinciderà poco prima che diventi un gigantesco vaso di marmellata caduto a terra.
…perchè l’Ignoto con la “I” maiuscola mi si para sempre davanti!
… il peggio è che me lo sono voluto e questo è un po’ folle sui bordi.
Sai Franco che sono i colpi più audaci quelli che riescono meglio? L’ho osservato molte volte. Gli uomini non osano vedere grande, il più delle volte tentano i colpetti mancini: fatalmente fallimentare!
Credimi tesoro, dovendo scegliere, preferisco pensare d’essere su un’autostrada di 16 corsie, la costruisco mentre la percorro, è come essere da sola a costruire la muraglia cinese a 40 km all’ora di velocità, io boulevardo e catramo oltre che incombere.
Viaggio, mentre la maggior parte della gente si ripara per guardare senza essere visti. Meglio l’azione, Franchino, anche la terra gira sempre e non si ferma mai.
L’autostrada della mia vita si dipana come si srotolerebbe un tappetto sul sagrato di San Pietro, un metro prima del mio passaggio c’è il deserto, sassoso e ondulato. Un metro dopo una striscia luccicante, nera con la sue sei mezzarie già tirate, con le sue zone parcheggio, i bordi di cemento, con i suoi posti telefonici e i cartelli segnaletici già pronti. Io sono la stessa autorità che taglia il nastro ufficiale alla velocità di una commessa di un negozio di stoffe!
Con maschia sicurezza vado dritta, modifico le carte Michelin, infatti se sentite, ragazzi, che il suolo trema, fuma, si divarica e si disloca, cioè, se sentite che tutto si muove, tutto barcolla, tutto vacilla e oscilla, è perché un’umana escavatrice, metaforicamente alta tre piani, pianta i suoi orribili denti d’acciaio nella terra, ad ogni colpo scava 100 metri cubi e va avanti con le ruote grandi come la Prater di Vienna.
Pensate, chi mi viene incontro quanto io sia gargantuesca, brothes!
Vabbè.. parola di Samuela, andate in pace.
Fine. Viva l’Italia!
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